Camere per astrofotografia del profondo cielo: quale scegliere

Camere per astrofotografia del profondo cielo: quale scegliere

Scegliere tra le molte camere per astrofotografia del profondo cielo può sembrare complicato. In questo articolo, attraverso una serie di esempi pratici, vedremo come scegliere le migliori camere per astrofotografia per registrare anche i più deboli dettagli di galassie, nebulose o ammassi stellari con lunghe esposizioni (queste camere sono diverse da quelle usate per la fotografia planetaria e lunare che registrano filmati di breve durata e di cui parleremo in un successivo articolo). Le camere per astrofotografia del profondo cielo sono quasi sempre raffreddate, cioè dispongono di un sistema con celle di Peltier che raffredda e stabilizza il sensore ad una temperatura bassa per ridurre il rumore della fotografia e quindi migliorarne la qualità.

In questo articolo incontreremo alcuni termini tecnici da tenere obbligatoriamente in considerazione nella scelta di una camera per l’astrofotografia degli oggetti del profondo cielo:

potere risolutivo: è distanza minima in secondi d’arco, con la quale due oggetti possono essere identificati come corpi separati ed è una funzione strettamente legata al diametro del telescopio calcolabile con la seguente formula: a= 120 / D dove “a” è il nostro potere risolutivo espresso in secondi d’arco, “120” è una costante e “D” è il diametro del telescopio in millimetri.

seeing: è l’insieme di fenomeni che contribuisce al deterioramento della qualità delle immagini sia visuali che fotografiche quali: la turbolenza atmosferica, l’umidità e l’inquinamento luminoso.

– campionamento: è il concetto più ostico da comprendere ma risulta fondamentale per la scelta della camera giusta in funzione del telescopio. Il suo valore indica quanti secondi d’arco riesce a riprendere un singolo pixel del nostro sensore.

Dopo questa premessa si può ben capire che la scelta della camera, se avete già un telescopio, dipende anche dalla grandezza dei pixel del sensore.

 

Camere per astrofotografia del profondo cielo: le camere CMOS raffreddate di QHYCCD hanno un sistema di raffreddamento con cella di Peltier che diminuisce moltissimo il rumore elettronico

 

IL CAMPIONAMENTO

Facciamo un esempio pratico basato sul rifrattore apocromatico Borg fluorite 107FL f3.9 con ESATTO 3″ con diametro 107mm e lunghezza focale 417mm. Il suo potere risolutivo calcolato con la formula a= 120 / D è di 120/107 = 1,12 arcsec. Secondo il principio di Nyquist, la dimensione dei pixel del sensore deve ricoprire al massimo la metà del più piccolo particolare che il nostro telescopio riesce a risolvere. In base a questo i pixel della camera per astrofotografia dovranno registrare il segnale di un’area di cielo pari a 1,12/2 = 0,56 arcsec.

Partendo dalla formula C = (206265 x d) / L dove: L = lunghezza focale del telescopio in millimetri d = dimensione dei pixel del sensore in millimetri C = valore del campionamento in arcsec 206265 = fattore di conversione da radianti a arcsec

Possiamo ora calcolare ciò di cui abbiamo bisogno di sapere per scegliere tra le camere per astrofotografia. Partiamo analizzando una camera di esempio, la QHY247C: dalle specifiche tecniche vediamo che le dimensioni dei pixel sono di 3,9 micron. In base alla formula avremo un campionamento di (206265 x 0.0039) / 417 = 1,93 arc/sec. Il risultato è alquanto distante dal valore teorico che avevamo calcolato e ci dice che stiamo sottocampionando l’immagine, cioè il nostro ccd non è in grado di registrare tutti i dettagli che l’ottica è in grado di restituirci. Quindi?

Stiamo dimenticando il seeing e più precisamente gli effetti della turbolenza atmosferica, responsabile della deformazione che la luce subisce attraversando l’atmosfera terrestre prima di raggiungere il nostro strumento di ripresa. Nelle zone in cui il seeing è medio, ci permette di registrare i dettagli più fini su 3-4 pixel. Dunque, applicando il principio di Nyquist, il nostro campionamento dovrà aggirarsi intorno a 1,5 – 2 arc/sec. Spesso è inutile scendere al di sotto di questi valori, in quanto andremmo a sovracampionare l’immagine cioè il massimo dettaglio verrebbe registrato da un numero di pixel superiore a due. Ecco che il valore di 1,93 arc/sec ottenuto con la QHY247C risulta perfettamente collocato nel range dettato dalle condizioni del seeing e l’accoppiata con il rifrattore apocromatico Borg fluorite 107FL f3.9 con ESATTO 3″ risulta dunque essere perfetta. Vogliamo cercare qualcos’altro che faccia al caso nostro? Se utilizziamo la formula tenendo come costante il valore min e max del nostro campionamento ideale, ecco che il valore della grandezza dei pixel per il sensore da accoppiare al rifrattore apocromatico Borg fluorite 107FL f3.9 con ESATTO 3″ andrà da 3 a 4 micron.

Facciamo un altro esempio pratico con il telescopio SkyWatcher Newton QUATTRO 200/800 f4 con SESTO SENSO del diametro di 200mm e lunghezza focale di 800mm. Calcoliamo il valore min e max della grandezza dei pixel del nostro ipotetico sensore, in base ai valori di campionamento teorico che vanno da 1,5 a 2 arc/sec:

d = (L x C) / 206265

1) con 1,5 arc/sec: (800 x 1,5) / 206265 = 5,8 micron

2) con 2,0 arc/sec: (800 x 2) / 206265 = 7,8 micron

E’ dentro questo range di grandezza dei pixel che dobbiamo focalizzare la nostra ricerca. Quali camere per astrofotografia rispondono a queste esigenze? Un esempio potrebbe essere la QHY128C, che monta un sensore con pixel di 6,0 micron.

 

ALTRE CARATTERISTICHE: TIPO E DIMENSIONE DEL SENSORE

Avendo calcolato la dimensione ideale dei pixel del sensore, potremo ora selezionare una camera sulla base di altri parametri tra cui quelli principali sono:

Tipo di sensore: i sensori delle camere per astrofotografia del profondo cielo possono essere a colori o monocromatici. I primi, ovviamente, consentono di ottenere una immagine direttamente a colori e quindi sono più semplici da usare rispetto a quelli monocromatici (che hanno bisogno di una serie di filtri, come i Set LRGB per consentirci di ricostruire l’immagine a colori utilizzando apposite tecniche di elaborazione). Le camere monocromatiche hanno però un vantaggio importante: sono infatti, a parità di sensore, molto più sensibili delle corrispondenti a colori. Questo non solo ci consente di registrare dettagli più deboli a parità di tempo di posa (potete vederla anche così, consentono di registrare la stessa magnitudine stellare con tempi di posa molto più brevi di quelli richiesti da una camera a colori) ma, soprattutto, consentono di utilizzare filtri contro l’inquinamento luminoso a banda stretta (come i filtri H-alfa, OIII e SII) che aumentano in maniera importante il contrasto della nebulosa rispetto al fondo cielo (riducono anche la dimensione delle stelle inquadrate nel campo facendo risaltare meglio la nebulosa) e consentono di fare astrofotografia anche da aree con evidente inquinamento luminoso.

 

Camere per astrofotografia del profondo cielo: la nebulosa California fotografata con camera CCD a colori QHY8L (sopra) e monocromatica QHY9 con filtro H-alfa (sotto), entrambe con telescopio AIRY APO80
Camere per astrofotografia del profondo cielo: la nebulosa California fotografata con camera CCD a colori QHY8L (sopra) e monocromatica QHY9 con filtro H-alfa (sotto), entrambe con telescopio AIRY APO80 (ripresa di Filippo Bradaschia e Omar Cauz).

 

Ecco che la scelta del tipo di sensore dipende anche dal luogo da cui si fotografa. Se riuscite ad accedere ad un luogo con poco inquinamento luminoso, potete scegliere una camera per astrofotografia a colori (magari utilizzando un filtro nebulare a banda larga per ridurre leggermente il residuo di inquinamento luminoso – il filtro da usare con la camera a colori non dovrà avere banda troppo stretta per evitare di portare via troppa luce alla camera e per evitare di generare colori troppo alterati). Se invece fotografate da un luogo con inquinamento luminoso evidente, scegliete una camera monocromatica. Ovviamente la camera monocromatica è sempre consigliata (infatti viene quasi sempre scelta dagli astrofili esperti) vista la maggiore sensibilità è anche quella più complessa da usare.

Dimensione del sensore: a parità di focale del telescopio, un sensore di maggiori dimensioni consente di di inquadrare una maggiore area e quindi è da preferire. Però le camere per astrofotografia dotate di sensori di maggiori dimensioni hanno anche un costo maggiore, parametro che ovviamente va considerato nella scelta delle camere per astrofotografia del profondo cielo.

A tale riguardo bisogna anche considerare anche l’area corretta fornita dal telescopio: ad esempio è inutile acquistare un sensore Full Frame da circa 43mm di diagonale per poi usarlo con un telescopio che fornisce un’area corretta di 20mm (inteso come diametro del cerchio dell’immagine generata dal telescopio in cui le stelle sono puntiformi): il risultato sarà infatti una immagine con stelle deformate verso i bordi dell’immagine. Nel nostro esempio con rifrattore apocromatico Borg fluorite 107FL f3.9 con ESATTO 3″, questo telescopio con spianatore ha un campo piano di 55mm di diametro quindi potremo scegliere un sensore anche molto grande. Se utilizziamo un telescopio più economico, come lo SkyWatcher rifrattore apocromatico EVOSTAR 72 ED con SESTO SENSO, potremo scegliere camere per astrofotografia dotate di sensori tipo APS-C (che hanno diagonale di circa 28mm).

 

Camere per astrofotografia del profondo cielo: esempio di campo corretto del telescopio e dimensione dei sensori
Camere per astrofotografia del profondo cielo: esempio di campo corretto del telescopio e dimensione dei sensori